Coronavirus, Tarro: «Gestione dell’emergenza sanitaria in Italia? Un fallimento»
Giulio Tarro, nato a Messina il 9 luglio 1938, medico e scienziato italiano noto in tutto il mondo scientifico, candidato al Nobel per la Medicina, ha rilasciato alla nostra Fondazione, in qualità di convinto sostenitore della sua battaglia per l’adozione obbligatoria del Passaporto Ematico, la seguente interessante intervista, che farà sicuramente discutere per la nettezza delle affermazioni in essa contenute.
Siamo in emergenza sanitaria ormai da due mesi: come pensa sia stata gestita sul piano medico?
«A mio avviso l’Italia – e la Lombardia in particolare – ha perso troppo tempo tra la dichiarazione dello stato d’emergenza del 31 gennaio e l’attivazione delle misure ad hoc volte a fronteggiare l’emergenza. Perché quando abbiamo avuto le notizie dalla Cina, i francesi sono intervenuti subito sui posti in terapia intensiva e noi no? Abbiamo preferito bloccare i voli con la Cina: una misura davvero inutile. Per non parlare poi del caos mascherine. La verità è che all’inizio non le avevamo quindi si diceva che dovessero usarle solo medici e pazienti; quando siamo diventati produttori di mascherine abbiamo detto che servivano per tutti. È incredibile, bisognava dire a tutti di usarle fin da subito e di mantenere le distanze; invece, è stato fatto un pasticcio dopo l’altro. Si voleva blindare la Lombardia come la Cina e poi si è permesso a migliaia di persone di migrare al sud. Francamente non si è capito quale sia stato l’approccio del Governo e le misure di contenimento sono state prese in ritardo».
Ritiene che l’istituto superiore di sanità abbia svolto bene il suo ruolo?
«Senz’altro all’altezza della situazione, possiamo sottolineare il suo ruolo di garante nell’attuale epidemia».
Pensa che i numeri dei deceduti siano da ascriversi in toto al Coronavirus oppure la conta quotidiana della protezione civile va ridimensionata avendo provocato eccessivo allarmismo?
«In Italia il virus circolava probabilmente già da moltissimo tempo. L’alta mortalità rispetto agli altri Paesi è dovuta non certo ad un virus più cattivo, ma alla sottostima del numero dei contagiati. In Italia, i contagiati da Covid19 non sono i 187mila conteggiati dalla Protezione civile, basandosi solo sui pochi tamponi diagnostici effettuati dalle Regioni. Assolutamente no. Le stime più attendibili prospettano, al pari delle periodiche epidemie influenzali, dai sei ai dieci milioni di contagiati da Covid19, solo in Italia. A questo dato sicuramente non marginale se ne deve aggiungere un altro. Credo e lo dico convintamente, che vi sia un’eccessiva enfasi nella divulgazione dei numeri. In base ai dati dell’Istituto Superiore di Sanità di cartelle cliniche relative ad esami autoptici eseguiti su presunte vittime da Covid19 abbiamo che in 909 casi solo 19 sono da attribuirsi come causa diretta e reale al Sars Covid 2. Sottolineo una grande discrepanza tra i primi dati e quelli dell’ISS dove avviene un’attenta analisi delle cartelle cliniche dei pazienti e dunque si evidenzia la differenza tra persone morte con coronavirus o di coronavirus».
Come valuta la gestione della crisi sul piano economico e sociale da parte delle autorità politiche?
«Sul piano politico-sanitario vi è stata una fallimentare gestione dell’emergenza sanitaria che oggi rischia di essere procrastinata da una davvero sconsolante ‘informazione ufficiale’. Mi riferisco ad esempio a quella che presenta il Covid19 come un flagello che potrà essere sconfitto solo con la vaccinazione. E che, dopo aver cercato di zittire, ad esempio, l’uso di clorochina e idroclorochina e diffamato il suo propugnatore Didier Raoult, ora si direbbe disinteressarsi di una davvero promettente sieroterapia. Aggiungerei a ciò una considerazione ulteriore. L’allarme è fonte di stress e lo stress, paradossalmente, determina un calo delle difese immunologiche».
Quando pensa che si possa riprendere e ritornare alla normalità?
«In estate, quasi sicuramente, saremo abbastanza immunizzati e non ci sarà motivo di restare ancora agli arresti domiciliari forzati. Col caldo tutto dovrebbe tornare alla normalità. Non a caso le latitudini africane, come dimostrato da studi scientifici recenti, non consentono una diffusione massiccia ed estesa del Sars Cov2: ci sono solo piccole endemie qua e là».
La conosciamo come grande tifoso della Juventus: pensa che il calcio potrà ripartire e concludere la stagione?
«Certo. Il lockdown non ha più senso di esistere. Noi dobbiamo usare le armi di questo paese, il sole e il mare, per aiutarci a guarire. Il virus per diffondersi ha bisogno di spazi chiusi, scarsa ventilazione o sistemi di aria condizionata, temperature basse o umide. Il mare e la spiaggia sono l’esatto contrario di questo microclima propizio. Pertanto anche il calcio può tornare a scendere in campo, come d’altra parte avviene già in Cina con il ritardo dovuto ai differenti tempi di inizio e fine dell’epidemia da Coronavirus».
Intervista di Francesco Cuoco