Danilo Russo: «Con la salute non si scherza»
Una nuova testimonianza raccolta dalla Fondazione Fioravante Polito: questa volta è il turno di Danilo Russo, attuale portiere della Casertana in Serie C. Nato a Pompei e cresciuto nelle giovanili del Genoa, ha girato diverse piazze nella sua carriera (Pergolettese, Viareggio, Vicenza, Spezia, Pro Vercelli, Matera, Juve Stabia), fino all’ultima annata vissuta in Serie B con il Venezia di Pippo Inzaghi. E lo scorso 19 luglio ha firmato il suo nuovo contratto con il club campano, che punta a disputare un campionato da vertice in Serie C. Ecco l’intervista integrale rilasciata ai nostri microfoni.
Danilo tu sei stato il primo calciatore lo scorso anno a esserti sottoposto pubblicamente ai controlli ematici. Cosa ti ha spinto ad aderire a questa iniziativa?
«Sì è vero, fin da subito ho deciso di aderire a questa iniziativa perché credo che con la salute non si scherzi. E questo vale per qualsiasi persona: che sia un atleta, un ragazzo o un pensionato, la salute viene prima di tutto».
La Fondazione lotta per far sì che venga approvata la Legge sul Passaporto ematico (che obbliga i medici a effettuare gli esami ematici a partire dai 6 anni di età affinché una persona sia reputata idonea a praticare attività sportiva). Il tuo pensiero a riguardo?
«È un dato di fatto che la scienza progredisce con il passare degli anni. Premesso questo, oggi siamo arrivati al punto tale da riuscire a prevenire malattie – di cui alcune anche molto gravi – attraverso dei semplici esami ematici. E questo deve rappresentare solo un punto di partenza. Stiamo parlando di una Legge che permetterà ai ragazzi più giovani di essere sottoposti ad accurate analisi mediche. Uno sportivo si trova a lavorare con il proprio fisico tutti i giorni dell’anno e sapere di stare bene, che tutto l’organismo funziona al meglio, può essere soltanto un beneficio per lui. Oltretutto parliamo di circa 16 esami che hanno un costo complessivo di 70€ per ciascun atleta. Sono sicuro che il gioco vale la candela, soprattutto se pensiamo alla possibilità che abbiamo di individuare patologie molto serie».
La Fondazione porta avanti le sue iniziative nel nome di tre grandi calciatori, scomparsi prematuramente: Andrea Fortunato, Piermario Morosini e Flavio Falzetti. Un tuo pensiero rivolto a loro.
«Sono stati tre grandi campioni, stroncati sul più bello, con un futuro ancora tutto da scrivere. Purtroppo il pensiero che accomuna la maggior parte delle persone è: “Io sto bene, a me non può mai succedere una cosa del genere”. All’età di 20/30 anni ci sentiamo invincibili ma purtroppo non è così. Ho avuto la fortuna di giocare con Piermario in passato e per come l’ho conosciuto sono sicuro che oggi, se fosse ancora in vita, avrebbe pagato oro per avere la possibilità, anche solo dell’1%, di venire a conoscenza della patologia di cui soffriva e di prevenire danni irrimediabili, nonostante sia stato un calciatore che si sentiva sempre in perfetta forma».
Cosa hai pensato al momento della morte di Davide Astori?
«La notizia della scomparsa di Davide mi ha sconvolto parecchio. La prima cosa a cui ho pensato è come sia possibile che nel 2018 un atleta monitorato con esami e cure mediche quasi quotidianamente, possa spegnersi da un momento all’altro senza preavviso. E quindi con maggiore insistenza affermo che se possiamo fare qualcosa affinché la nostra salute venga salvaguardata, abbiamo l’obbligo di farlo».
Parlando di calcio giocato, stai per iniziare la tua nuova avventura con la Casertana, una società che punta a disputare un campionato da vertice.
«La Casertana punterà a mettere in difficoltà tutte le squadre che incontrerà. L’obiettivo principale che noi giocatori dobbiamo prefiggerci è quello di crescere tutti insieme, con il lavoro quotidiano. Solo così avremo la possibilità di raggiungere bei traguardi sia a livello societario che professionale».
Giovanni Calenda